Lo Storico Ribelle
Quando un formaggio diventa scuola politica
by Valeria Mulas
Quando si parla di Valtellina è facile pensare al suo formaggio principe: il Bitto. Abituati a comprarlo in ogni stagione al supermercato, difficilmente ci chiediamo quale sia la sua storia e quali davvero i processi di produzione. Eppure questo formaggio è diventato una vera palestra e scuola politica, da cui apprendere molte cose.
La storia dello Storico Ribelle che oggi vi raccontiamo è potente: ci ricorda che la Natura non si addomestica per forza e che ci sono uomini pronti a difenderla da ben prima dei Friday For Future.
Arriviamo a Gerola Alta che è ormai sera e il freddo inizia a farsi sentire pungente. Siamo a più di 1000 m. s.l.m., nel centro di quella Valle, in provincia di Sondrio, che è la patria del Bitto e dove nel 1995 è iniziata una battaglia avvincente. Qui tra le Alpi Orobiche da secoli si produce questo formaggio d’alpe, fatto solo con latte crudo e solo durante il periodo compreso fra il primo di giugno ed il 30 settembre, quando cioè vacche e capre sono a spasso a brucare per gli alpeggi.
In queste poche righe ci sono già molti elementi che vale la pena sottolineare:
- Formaggio d’alpe.
- A latte crudo.
- Solo Estivo.
- Derivante da vacche e capre (entrambe necessarie)
- che brucano erba.
Paolo però è un vulcano in piena, che non nasconde l’energia con cui dal 2003 protegge il Bitto e quel manipolo di 12 casari ribelli che si sono opposti alle pratiche del disciplinare del grande Consorzio del Bitto DOP per continuare a fare il loro formaggio in modo ancestrale e pulito.
C'è il Bitto e c'è lo Storico Ribelle
Il Consorzio del Bitto è nato nel 1995 (dal 1996 ha la certificazione DOP) e, date le crescenti richieste, nel tempo ha allargato sempre di più le maglie del suo disciplinare, espandendo le zone di produzioni a tutta la Valtellina e non più solo alla Val Gerola, escludendo il latte di capra orobica (che invece fa parte della tradizione per un 10-20%), includendo la possibilità di fare il Bitto in pianura e quindi in inverno e aggiungendo anche la possibilità di alimentare i bovini con mangimi.
Tutti questi punti dichiarano guerra alla tradizione secolare e nel 2003 spinsero 14 produttori di allora a consorziarsi per difendere le antiche pratiche. Nasce allora il “Consorzio per la salvaguardia del Bitto Storico”, oggi Storico Ribelle, da sempre Presidio Slow Food.
La fama negli anni di Paolo Ciapparelli, l’anarchico ironico, come si definisce lui stesso, e della battaglia per un prodotto BUONO, PULITO e GIUSTO, ha raggiunto tutto il mondo e oggi si intreccia con le battaglie ecologiche delle nuove generazioni. Segno del tempo, lo Storico Ribelle ha rivelato la sua missione di salvaguardia non solo delle antiche pratiche di lavorazioni, del lavoro dell’uomo, ma anche della cura per animali e natura.
In questo senso lo Storico Ribelle è una vera scuola politica dove:
“il cibo, non rappresenta più solo un piacere, ma diviene un vero e proprio “atto agricolo” (C. Petrini) se viene prodotto rispettando ambiente e tradizione. La promozione dello Storico riflette la necessità di ripensare ad un modello di sviluppo agricolo che sia equo e sostenibile e favorisca la biodiversità” (dal sito dello Storico Ribelle).
E forse non a caso questo Consorzio nasce proprio negli anni dei movimento della società civile che con il primo Forum social mondiale di Porto Alegre del 2001, chiedeva nuove politiche anche a partire dalle produzioni alimentari.
Oggi è possibile perdersi tra le tante forme di Storico nella bella Casèra di Stagionatura a Gerola Alta, dove si può prenotare una visita guidata, constatare la bontà di questo formaggio in grado di invecchiare anche 10 anni e magari acquistare una propria forma da personalizzare o regalare con dedica.
Il lavoro in Casèra di Stagionatura è un vero e proprio museo, dove Paolo e i suoi aiutanti si prendono cura del lavoro dei casari, lavorando le forme con pulizie costanti da muffe, e girate su entrambi in lati in modo da favorire l’ossigenazione e l’affinamento fino alla maturazione corretta.
Come si fa lo Storico Ribelle
Arrivata l’estate le vacche vengono portate in transumanza verso i 2000 metri negli alpeggi, dove l’erba regna indisturbata, della Val Gerola intorno al torrente Bitto. Qui 12 irriducibili casari seguono il pascolo sempre in movimento, appoggiandosi ai calecc, costruzioni primitive in pietra che fungono da baita di caseificazione itinerante.
I produttori mungono a mano, rigorosamente, le vacche e le capre orobiche, una razza autoctona oggi invia di estinzione, e grazie ai calecc possono caseificare direttamente in loco, appena dopo la mungitura, nella culdera di rame. Culdera e attrezzi viaggiano insieme agli uomini, da un calecc all’altro, da una stazione all’altra.
A fine estate il rientro degli animali a valle apre la stagione per altri formaggi, come il Furmàcc del Féen.
Inutile dirvi che già il primo assaggio di questi formaggi, dove il sapore del latte si mischia ai profumi di erba e fieno e la salinità cresce con l’invecchiamento, ci ha aperto lo stomaco.
La richiesta di Pizzoccheri è un’esigenza, ormai, tanto quanto quella di un bel bicchiere di vino. Siamo pronti per le prossime tappe del nostro viaggio: lo Sforzato di Valtellina ci aspetta.
Scopri la nostra visita in cantina, nel nostro prossimo articolo.
Consigli per un week end in Valtellina
Dove dormire: Casa Moiser a Tresenda
Dove comprare un’ottima bresaola: Macelleria Storica Poretti a Tirano
La cantina da scoprire: Cà Bianche
Dove mangiare i veri Pizzoccheri approvati dall’ Accademia del Pizzocchero di Teglio:
Ristorante Al Castello
Via Carlo Besta, 10
23036 Teglio
oppure in uno dei Ristoranti in elenco su sito dell’Accademia.
Valeria Mulas
Sommelier e degustatrice AIS. Assaggiatrice ONAF. Ha conseguito l'executive master in cultura e management del vino a Pollenzo, presso Usisg.
Comunicatrice empatica.
Appassionata di vino, cibo, arte e bellezza.
A tratti pittrice, scrittrice di troppe lettere.