UGM - UNION DES GENS DE METIER

Storia di un'amicizia e 8 assaggi da ricordare

by Valeria Mulas e Pina Falletta

UGM UNION DES GENS DE METIER Storia di un'amicizia e 8 assaggi da ricordare
Ph. Credits Mauro Fermariello

Union des Gens de Métier torna a Milano dopo 12 anni

Lunedì 13 marzo al Principe di Savoia è andata in scena una degustazione d’eccezione: 17 vignerons dell’UGM (Union des Gens de Métier) e alcuni selezionati ospiti tra i produttori italiani si sono riuniti in Italia dopo 12 anni. UGM nasce nel 1990 dalla volontà di Didier Dagueneau, enologo e grande vignaiolo della Loira, che durante un pranzo lancia l’idea di formare un gruppo coeso tra “donne e uomini liberi, legati ai mestieri della terra e rispettosi degli equilibri dell’ambiente”. Un’unione basata quindi sull’approccio al lavoro (biologico principalmente, e in alcuni casi biodinamico), la curiosità, la passione e l’amicizia. Terroir, giustizia e nobiltà sono le parole chiave che caratterizzano i prodotti, vino in primis, ma anche sidro e pane. Oggi fanno parte dell’Union des Gens de Métier 23 produttori a rappresentanza di diverse AOC francesi (Appellation d’origine contrôlée), un viticoltore italiano (G.D. Vajra), un produttore di sidro di mele e pere e un panificatore di Lille. L’ultima occasione italiana che li aveva visti protagonisti è stata una masterclass tenutasi nel 2011 durante la 45esima edizione di Vinitaly. Non appare quindi strano il grande successo di pubblico che lunedì ha riempito di curiosità ed entusiasmo la bella sala del Principe di Savoia. Confusi tra i tanti ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere con i produttori ed assaggiare le loro creazioni.

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Domaine Didier Dagueneau

Partiamo per il nostro viaggio dall’ideatore di questa unione. Siamo a nord di Pouilly-sur-Loire, nel villaggio di Saint-Andelain, regno assoluto del sauvignon blanc. Agricoltura biodinamica, senza certificazioni, basse rese, selezione di uve da singoli vigneti e rigorosa cura sia in vigna che in cantina per una produzione che ha ispirato i viticoltori di mezzo mondo. Il Pouilly Fumé Silex 2020 con la sua inconfondibile etichetta con la pietra di silicio, è una vera dichiarazioni di intenti: un vino che supera i caratteri varietali per affondare le sue unghie direttamente nel cuore. Pietra focaia, sentori vegetali, piccole sfumature di fiori bianchi si fondono in una bocca ricca di mineralità e freschezza. Il Pur Sang 2020 è un Pouilly Fumè d’autore che profuma in sequenza di pesca bianca, cassis e di fiori dolci, come il sambuco. In bocca è estremamente avvolgente: una mineralità e una salinità vibrante che fa intuire una lunga evoluzione in bottiglia.

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Dalla Loira passiamo all’Alsazia, dove la famiglia Kreydenweiss produce in biodinamica vini di grande qualità e di espressione territoriale. Assaggiamo tutte le quattro etichette e ci sembra di seguire un fil rouge che in crescendo ci mostra la bellezza dei terreni dell’Alsazia. I Grand Cru Wiebelsberg e Kastelberg entrambi 100% riesling sono potenti nella loro verticalità e mineralità, fini e persistenti, non si smetterebbe di berne.

Le etichette del 2020 sono creazioni dell’artista italiano Marco Marie Marino e le abbiamo trovate sublimi.

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Ed eccoci nei Paesi Baschi, precisamente ad Irouléguy, sulle ripide pendici dei Pirenei. Thérèse e Michel Riouspeyrous, ex insegnanti, ci hanno letteralmente stregati con i loro vini e la loro simpatia. Abbiamo già messo in conto di fare un bel viaggio in questa terra che merita più di un approfondimento. Tra i bianchi segnaliamo Schistes 2020 e Grès 2020 entrambi a base di petit manseng e gros manseng, ma da parcelle con terreni diversi come dichiara già il nome in etichetta. Grès in particolare ci è apparso come il più complesso ed equilibrato con un naso intrigante e una salinità finale di grande gusto. Tra i rossi Burdin Harria 2020, a base tannat, cabernet franc e cabernet sauvignon, merita una menzione per i profumi di mora e marasca, la struttura potente e nello stesso tempo la grande pulizia di bocca, che si allunga sui frutti e sulla freschezza.

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Risaliamo verso Côtes du Marmandais, sulla riva sinistra della Garonna. Si tratta di una zona nota più per la produzione di pomodori che per quella di vino, ma Elian Da Ros nel 1998, dopo un’esperienza lavorativa in Alsazia presso Humbrecht, decide di realizzare il suo sogno e mostrare al mondo il valore della sua terra nella produzione di vini di qualità. Azienda biodinamica dal 2002 ci ha colpito per il suo Cocou Blanc 2020, 60% sauvignon blanc, 10% sauvignon gris, 30% semillon: sfumature di piccoli fiori bianchi e bocca agrumata per un vino fresco, sicura eredità del passaggio in Alsazia.

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David Duband è un enologo della Côte d’Or, in Borgogna, che dal 1991 coltiva in biologico pinot noir da cui ricava vini finissimi e complessi. Il suo Bourgogne 2020 è già, infatti, un bel esempio in cui la mineralità del vitigno si sposa alla perfezione con il tannino morbido. Il Nuits St Georges 2020 è un vino per cui spendere l’aggettivo gouleyant: assai fruttato con un accenno di liquirizia; da berne a secchi. Più complesso, come deve essere, il Nuits St Georges Premier Cru Les Procès 2020 che alterna frutti rossi maturi a tabacco e si rivela lungo e setoso. Last but not least, lo Charmes-Chambertin 2020 è ricco con le sue note di frutti rossi, spezie e cuoio. Tannino deciso, ma mai arrogante, anzi vellutato.

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Veronique Cochran è figlia del primo viticoltore ad applicare le teorie di Steiner nei propri vigneti della valle della Loira. Dopo una carriera come ballerina a Parigi, riesce con il marito ad acquistare Château Falfas a Bayon, nella regione di Bordeaux e inizia la sua avventura come vignaiola nel solco della scuola di suo papà. Assaggiamo tutta la batteria con grande piacere per ogni calice dall’eleganza innata. Sarà però l’ultimo vino a rubarci il cuore. Falfas Intégral 2015 è un puro cabernet sauvignon che strega con un accattivante frutto maturo, ritorni balsamici e una morbidezza gourmand: un nuovo approccio al cabernet sauvignon che troviamo molto interessante. Dedicato alle figlie Annabelle e Suzanne, questo vino da singola parcella, lavorata con aratri trainati da cavalli, viene vinificato in barrique e matura per due anni in botti.

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Domaine Roulot

Jean-Marc Roulot è un attore di successo che verrà anche ricordato tra i più innovatori vignerons di Meursault. Dal 2000 si convertito alla biodinamica, utilizza lieviti indigeni e predilige lunghi affinamenti sulle fecce. Solo due gli assaggi sui tre previsti, purtroppo. Il Mersault Luchets 2020 è un vino teso, tutto lime e camomilla, con una bella trama, che si dispiega tra opulenza e freschezza.
Il Clos de Bouchères 2020 è un Premier Cru oseremmo dire godurioso, già disvelato nella sua gioventù: lime, menta, petricore e un accenno di burro.

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Chiudiamo in Normandia con i sidri di Eric Bordelet, su suoli ricchi di scisti e graniti. Qui Eric, recuperando il vecchio podere di famiglia, ha dato vita alla produzione di sidro di mele e pere. Agricoltura biologica e biodinamica anche in questo caso per dei calici che ci fanno chiudere con una festa questa indimenticabile giornata. Segnaliamo in particolare Poiré Granit 2015 per il gusto leggero di pera che si unisce a fiori bianchi: sprizzi di freschezza per una pulizia di bocca che invita alla beva. Notevoli anche i Cormé 2022 e 2017 da solo sorbo, freschi e beverini, non sono mai stucchevoli nel richiamo della frutta.

Molte altri altri calici si sono avvicendati e non possiamo non ricordare la partecipazione di G.D. Vajra, azienda vinicola indipendente, interamente a conduzione familiare, nelle Langhe, oggi l’unica presenza italiana nell’UGM. Ecco quindi che il Barolo Ravera 2019, profondo e sfaccettato, ci ha dato idea di essere atto a fornire grandi emozioni con il passare degli anni, pur con un tannino più morbido del previsto; il Barolo Bricco delle Viole 2019, tutto rosa e ciliegia quasi sotto spirito, si dipana attraverso un tannino di rara setosità, rivelando grande raffinatezza

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Membri francesi dell'UGM

I membri francesi dell’associazione UGM (e le relative AOC) sono: 

Philippe Alliet – Domaine Philippe Alliet (Chinon)

Eric Bordelet – Château de Hauteville (Calvados, Sydre et Poiré)

Manuéla e François Chidaine – Domaine Chidaine (Montlouis–sur–Loire et Vouvray)

Olivier Clape – Domaine Clape (Cornas)

Véronique Cochran – Château Falfas (Bordeaux Côtes de Bourg)

Alex Croquet – Boulangerie Alex Croquet (Lille)

Louis Benjamin Dagueneau – Domaine Didier Dagueneau (Pouilly Fumé, Jurançon, Sancerre)

Elian Da Ros – Domaine Elian Da Ros (Côtes du Marmandais)

Nady Foucault – Clos Rougeard (Saumur, Champigny)

Létizia & David Duband – Domaine Duband (Nuits St Georges)

Maxime Graillot – Domaine Alain Graillot (Crozes–Hermitage)

Marc Imbert – Domaine de Torraccia (Corse)

Olivier Jullien – Mas Jullien (Terrasse du Larzac)

Charlotte e Antoine Kreydenweiss – Domaine Marc Kreydenweiss (Alsace)

Christophe Peyrus – Clos Marie (Pic Saint Loup)

Myriam e Bernard Plageoles – Domaine Plageoles (AOC Gaillac)

Jacques Puffeney – Domaine Jacques Puffeney (Côtes du Jura, Arbois)

Daniel Ravier – Domaine Tempier (Bandol)

Thérèse e Michel Riouspeyrous – Domaine Arretxea (Irouléguy)

Jean Marc Roulot – Domaine Roulot (Meursault)

Corinne e Anselme Selosse – Domaine Jacques Selosse (Champagne)

Stéphanie e Michel Théron – Clos du Jaugueyron (Haut–Médoc et Margaux).

Valeria-Redazione Vinity Fair-Chi Siamo
Valeria Mulas

Sommelier e degustatrice AIS. Assaggiatrice ONAF.

Comunicatrice empatica.

Appassionata di vino, cibo, arte e bellezza.

A tratti pittrice, scrittrice di troppe lettere.

Pina-Redazione Vinity Fair-Chi Siamo
Pina Falletta

Sommelier AIS e Accademica e consultrice Accademia Italiana della Cucina (del. Lodi)

La mia per i vini è stata una pessima annata (1972).

Ho cercato di rimediare studiando il vino in tutte le sue sfaccettature.

Cerco sempre di ascoltarlo. E lui mi parla.