4 Cantine d’autore per tornare a viaggiare
by Valeria Elisabetta Volponi
Andar per cantine, rifacendosi gli occhi oltre che la bocca.
Sempre più archistar e designer di grido hanno messo la matita sulla struttura architettonica, interna ed esterna di case vinicole storiche o emergenti.
E così la visita in cantina diventa un’esperienza del bello, oltre che del buono, tra materiali sostenibili, forme inedite, coinvolgimento sensoriale.
Da nord a sud, i nostri 4 consigli per una visita ad alto tasso di instagrammabilità e di piacere.
L’Astemia Pentita, Barolo (Cn)
Serve altro, a parte il nome, per far capire che dietro questo progetto c’è qualcosa di speciale?
A quanto pare sì: due enormi casse da vino fuori scala, sovrapposte, che spuntano dai filari della collina dei Cannubi e senza nessuna recinzione si aprono verso l’esterno come a dire: «Siamo qui, veniteci a scoprire!».
Da l’Astemia Pentita, in quella terra di Barolo che sa di storia antica e tradizione, si rivela il sogno realizzato di Sandra Vezza, che passeggiava qui con il nonno e dopo un passato da astemia, ha fatto del vino la sua vita. Lei la chiama “cantina vitivinicola pop”: ad ogni passo, ci si aspetta di veder spuntare Warhol o Basquiat, da quei soffitti dipinti da artisti locali in stile surrealista, coloratissimo, persino fluo a tratti. E se è vero che il vino è un’opera d’arte, qui tra i pezzi icona di Gufram davvero potremmo essere in un Moma versione winery. Pazienza per i puristi, che hanno storto il naso.
Ci piace: una Barbera d’Alba 2017.
Cantina Petra, Suvereto (Li)
Sembra quasi entrare nella terra che la ospita e lì perdersi, Petra, la cantina-opera d’arte che Mario Botta ha realizzato in Maremma per Vittorio Moretti, non fosse per il cilindro alto 25 metri che come un totem raccoglie intorno a sé, metaforicamente e non solo, i grappoli: piani inclinati, dinamismi e luce, tantissima luce e svetta come una “figura” riconoscibile a distanza, che caratterizza tutto il paesaggio circostante. Buia e intima, come una cripta, invece, la seconda parte della cantina, dove, oltre allo spazio riservato alle botti di rovere di Slavonia, una lunga galleria penetra fino alla parete di roccia delle Colline Metallifere della Val di Cornia. Si riflette, si ascolta il silenzio, ci si prepara alla degustazione.
Ci piace: un Petra Toscana Rosso IGT 2014.
Tenuta Castelbuono, Montefalco (PG)
Lo chiamano carapace, come quello dei crostacei. O come il guscio della tartaruga se preferite, visto che l’idea di Arnaldo Pomodoro era connotare Tenuta Castelbuono, la cantina della famiglia Lunelli, con un simbolo di longevità e stabilità. La struttura rimanda anche a quell’idea di unione tra terra e cielo che in fondo abbraccia tutti i filari.
“La prima grande scultura al mondo nella quale si lavora e si vive”, l’hanno definita. Non l’unica ma certamente tra le più affascinanti, con quella cupola di rame percorsa da crepe che ricordano i solchi della terra. E un dardo di colore rosso che si conficca nel terreno, come l’impatto dell’esperienza, dritto al cuore.
Ci piace: un Costa Toscana Cabernet Franc IGT “Auritea” 2016.
Feudi di San Gregorio, Sorbo Serpico (AV)
Molto più di una cantina: è un luogo d’incontro, di conoscenza e persino di meditazione, quello disegnato dall’architetto giapponese Hikaru Mori per Feudi di San Gregorio, in Irpinia.
Qui gli elementi base dell’estetica nipponica – acqua, cemento, suoni e percezioni tattili – si combinano armoniosamente con le diverse strutture preesistenti in uno spazio completamente ridisegnato, in cui il minimalismo lascia spazio anche all’effetto wow finale, quello generato dalla sala degustazione sospesa in aria: un cubo vetrato appeso sopra cinquemila botti e barriques.
Ci piace: Irpinia Aglianico Doc “Serpico” 1995 Magnum.
Valeria Elisabetta Volponi
Giornalista professionista e docente di digital marketing.
Sogna di aprire un izakaya con finger food italiano nel sud del Giappone, in cui servire dell'ottimo vino.