DERTHONA 2.0
Il Timorasso in mostra
by Valeria Mulas
Il Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi ha presentato lo scorso week-end, nelle giornate di venerdì 1 e sabato 2 aprile, a Tortona, le nuove annate del suo ormai noto vino di punta: il Timorasso.
38 produttori e la possibilità di degustare, oltre al Timorasso 2020, anche alcune annate precedenti e qualche altro vino prodotto dai vitigni (Barbera, Cortese, Dolcetto, Croatina) della zona dei colli tortonesi.
Siamo riusciti a raggiungere il museo Orsi, sede dell’iniziativa, sabato, nonostante un brevissimo preavviso per altro incompleto di informazioni. L’organizzazione dell’evento, dobbiamo ammetterlo, lascia alquanto a desiderare e il nostro è un invito, speranzoso, che il consorzio possa organizzare meglio le comunicazioni in futuro: mancanza di materiale informativo in ingresso, mancanza di risposte ai vari form di registrazioni e al telefono, hanno minato il percorso e siamo riusciti ad avere conferma della possibilità di accedere solo venerdì sera in risposta ad un’email generica (email in cui per altro non è mai stato specificato che i blogger non fossero ammessi come “stampa”). Alla fine arrivati non ci è stato controllato neanche il green pass. Fortuna che il Timorasso difende bene la sua fama, al di là del management delle iniziative a suo favore.
DEGUSTAZIONI
Partiamo con Cascina I Carpini, di Pozzol Groppo, un piccolo paese dell’Appennino tortonese, dove il tempo rallenta a favore di un approccio olistico. I Carpini sono pionieri della spumantizzazione del Timorasso ed è per questo che partiamo proprio da loro. Il Chiaror sul Masso è disponibile sia in metodo Charmat lungo (che è anche la prima vera sperimentazione del Timorasso in versione bollicina), che in Metodo Classico 36 mesi. L’esposizione della vigna a nord-nord est su terreni scoscesi, sassosi e per lo più in ombra, permette alla uve, una lenta maturazione, ottimale per mantenere la giusta acidità. Il resto lo fa il tempo, i lieviti indigeni e l’attenzione del vignaiolo. Il risultato è, per lo Charmat 2020, una profumazione di mela verde e fieno secco, su campi di camomilla. Una maggiore complessità, sia al naso che al palato, lo raggiunge il Metodo Classico, un Pas Dosé decisamente molto interessante, che sarebbe bello avere in una versione più matura con una sosta sui lieviti ancora più lunga.
Decisamente gustosi i Timorasso dell’azienda in versione Riserva, Brezza d’estate, di cui abbiamo assaggiato sia l’annata 2017 che 2010. Qui le note di timo e rosmarino iniziano a spingere. Sarà il Timox, un Timorasso macerato a freddo in anfora di ceramica, a lasciarci la grande persistenza di questa azienda: torna il fieno e la camomilla, un leggero tannino si affaccia sulle gengive, facendo da contraltare, insieme alla sapidità, alla morbidezza di bocca. Menzione speciale per le etichette realizzate grazie ad un progetto di inclusione sociale con inchiostro e timbri di patate.
Ha un approccio avanguardistico, invece, Repetto, il cui motto “Antico Metodo Moderna Tecnologia”, racchiude lo sforzo di rispettare la natura, evitando additivi chimici, attraverso l’uso di tecnologie di cantina, come VinoOxygen. L’Origo 2017 conquista il palato con sensazioni ricche e di grande impatto, al naso sono i profumi di albicocca, salvia e timo a fare da padrone.
Da Claudio Mariotto, la degustazione si è fatta intensa con ben 7 assaggi, dal più giovane Derthona 2019 di grande acidità e sapidità con profumi di Limoncella, al Bricco di San Michele 2019 con le sue note gessose, che in bocca si scopre generoso come le sue terre mezze bianche e mezze rosse; fino ai Pitasso 2019, 2017 e 2002 dove l’idrocarburo si fa via via più incisivo, passando per il Cavallina 2019, floreale e gessoso, con decisa sapidità e acidità, e il Cavallina 2011, con un naso di cassetto della nonna ammuffito.
Non poteva mancare un passaggio da Walter Massa, intento a salutare e scambiar parole con amici e ammiratori tra i vari banchi della manifestazione. L’accoglienza al banco è solare e apre le porte della degustazione con il Derthona 2020, che a differenza della giovanissima età, rivela già una stoffa e un carattere notevolissimo. Il Montecitorio 2018, che assaggiamo subito dopo, ha la potenza dell’idrocarburo al naso e quella dell’acidità in bocca. Coste del Vento 2019, stupisce per il suo gusto di tarassaco, mentre lo Sterpi 2018, ha tutte le note della camomilla e dell’alloro. Una grande azienda con una produzione che non smentisce il suo essere portabandiera di questi territori.
Arriviamo affamati da Terre di Sarizzola, e infatti la prima domanda non è tanto per i suoi vini, quanto per i suoi noti salumi e in particolare per il Salame Nobile del Giarolo. Dovremo attendere di prendere il cestino (15€ con un panino al Salame Nobile del Giarolo, formaggi di capra del Caseificio Terre del Giarolo, pesche sciroppate, baci di dama e biscottini, tutto di superba bontà) per saziare quel desiderio, nel frattempo scopriamo i vini di Mattia Bellinzona e i suoi 100 ettari di terre divisi tra seminativi, vigneti (12 ettari) e bosco (20 ettari). Partiamo con i Derthona, in particolare il 2018 ci colpisce con i suoi profumi di fiori di campo e melissa, ma saranno i Biancornetto a rubarci il cuore. Il nome deriva da bianchi cornetti, ovvero i bianchi calanchi (marne calcaree) che fanno da sfondo alla vigna di Costa Vescovato. Sia l’annata 2018 che la 2017, svelano profumi di fiore di arancio, che nell’annata più vecchia si mischiano all’arancia rossa e ad una punta basilico e biancospino. Grande freschezza, sapidità e mineralità per questi vini, che in bocca rivelano anche una grande struttura e calore.
Chiudiamo da Alvio Pestarino con il suo Thimos, il Timorasso che nasce nei vigneti nel Comune di Stazzano. È un acquisizione di vigne del 2018, ma la famiglia Pestarino, ha una lunga esperienza e infatti il suo è un prodotto ben fatto, che non nasconde le doti di sapidità, acidità e alcolicità del Timorasso, lasciandoci ancora una volta la conferma della capacità di questo vino di dare il meglio di sé nel lungo periodo.
Il tempo è il miglior amico del Derthona.
INFORMAZIONI
Le terre dove nasce il Timorasso, sono le colline tra valli e boschi, all’incrocio di quattro regioni, il Piemonte, dove c’è la sua capitale Tortona (l’antica Derthona dei romani), la Lombardia, la Liguria e l’Emilia Romagna, lungo quella via del Sale, che è ben descritta ne “Il Paesaggio Fragile” di Antonella Tarpino, che ha segnato i traffici commerciali, a dorso di mulo, e gli scambi culturali e di tradizioni di queste regioni. Sono le terre che Pellizza da Volpedo, raffigura nei suoi quadri nell’ultimo decennio dell’Ottocento, con la pittura divisionista. Terre di argille rosse e marne calcaree, che danno vini con caratteristiche molto diverse.
Il Timorasso è un vitigno rustico e vigoroso, che ama terreni poveri, anche di acqua; noto nella zona dell’alessandrino fin dall’antichità, si espandeva fino a Voghera, nel pavese, pur mantenendo il cuore della produzione nel Tortonese. Nel corso dei secoli, sia per scelte produttivi che hanno favorito le uve a bacca rossa, come Croatina e Barbera, meno soggette ad attacchi di marciume, sia per l’avvento della fillossera, ha rischiato di sparire completamente. Il suo ritorno in auge si deve alla caparbietà di alcuni vignaioli negli anni ’80, tra cui Walter Massa. Il risultato a distanza di anni, è un vino riconosciuto sul mercato italiano ed estero, in ascesa, grazie alle sue doti di longevità e struttura, sapidità e mineralità, in grado anche di sviluppare profumi terziari (e per questo spesso associato al Riesling). Un vino come dicevamo che ha il tempo dalla sua parte e che va dimenticato in cantina per qualche anno, se si vuole conoscere la sua vera identità.
Valeria Mulas
Sommelier e degustatrice AIS. Assaggiatrice ONAF. Ha conseguito l'executive master in cultura e management del vino a Pollenzo, presso Usisg.
Comunicatrice empatica.
Appassionata di vino, cibo, arte e bellezza.
A tratti pittrice, scrittrice di troppe lettere.