SANREMO FAMOSI
50 canzoni indimenticabili del Festival di Sanremo
by Fabio Irrera
Perché Sanremo è Sanremo?
Una tautologia, per definizione, ripete sé stessa e non spiega niente.
“Maradona è Maradona”.
“La vita è la vita”.
È per questo che a noi italiani piacciono tanto. Perché lasciano il mistero irrisolto. Perché chi sa detiene un sapere; che non solo non condivide con chi ha posto la domanda, ma in più gli permette di trattare da ciuccio il sottoposto. Il clown bianco augusto e il clown piangente. L’essenza del fascismo. L’essenza degli italioti.
Questo meccanismo chiuso ha però uno spiraglio di apertura fuori da sé. Nella mimica e nella prossemica di chi dice la frase “Maradona è Maradona”, vi è sempre un senso di grandeur che viene agitato nell’aria e davanti agli occhi di chi ascolta a mo’ di drappo rosso per i tori più scaltri.
Una grandezza che si intuisce.
E che dice di non aver bisogno di paragoni altri se non sé stesso. Lui stesso. Esso stesso.
Ma allora quando Sanremo è diventato grande e meritevole di essere seguito?
Lo è stato dalla sua nascita, negli anni ’50, gli anni di “Grazie dei fior” “Casetta in Canadà” e “Ciao ciao bambina“, fino perlomeno al 1967.
Vale a dire fino al suicidio di Luigi Tenco proprio lì, proprio a Sanremo, proprio a causa della esclusione del suo brano “Ciao amore ciao” dalla finale, senza neppure il recupero da parte della Giuria di qualità.
Molti notabili nomi della Canzone italiana continuarono a frequentare il Festival per antonomasia dello Stivale per un paio di anni.
Fino a quel momento, infatti, soltanto De Andrè per sano snobismo (e perché non sopportava le gare) non ha mai frequentato la rassegna.
Poi diverrà un marchio di fabbrica del cantautorato anni ’70 evitare accuratamente Sanremo.
Altrimenti tutti hanno partecipato.
Avendo anche rappresentato delle indubbie rivoluzioni nell’archetipo musicale delle canzoni.
A cominciare dalla fulminante “Volare (Nel blu dipinto di blu)” di Modugno continuando a volare con le “Mille bolle blu” di Mina (un colore una garanzia) fino ad “Un’Avventura” di Battisti e oltre.
Passando attraverso personaggi istrionici come Lucio Dalla (con vere e proprie sperimentazioni come “Paf Bum“) ad autori di immediato successo come Tony Renis, che andrà poi a spopolare negli Usa per anni proprio sull’onda della sua “Quando Quando Quando“. O gli “abbonati” come Celentano, Claudio Villa, Modugno stesso (vincitore di 4 edizioni), Orietta Berti.
E i giocatori nascosti, che, come a biliardo, si presentano di sponda, indirettamente, solo come autori, senza mai apparire sul palco. Come Paolo Conte.
E i giocatori nascosti, che, come a biliardo, si presentano di sponda, indirettamente, solo come autori, senza mai apparire sul palco. Come Paolo Conte.
E magari vincono: come Battiato, Califano, Fossati.
Finché però qualcosa non si spezza in quella notte del ’67 e il popolo della canzone d’autore (nauseato soprattutto dalla volontà degli organizzatori di andare avanti comunque con la serata finale e di avere ignorato un gesto come quello di Tenco) si rifugerà nella kermesse del premio a lui dedicato, la Targa Tenco, lasciando il Festival in mano agli sciacqualattughe e ai giovani desiderosi di farsi scoprire o agli artisti vogliosi di imporsi e vendere tout-court.
(In realtà fino al 1972 la fonte d’acqua Sanremo è ampiamente abbeverabile). Poi, l’abisso.
Restano però, comunque e indubbiamente, moltissimi brani davvero indimenticabili, e in questo periodo di scarsa memoria siamo andati a recuperare 50 perle da salvare.
Fabio Irrera
Critico della Ragion Purea.
Detesta l'umanità ma ne apprezza alcune opere. Odia i libri, la musica, il cinema e chi ne parla. Ama saltuariamente.
Beve per dimenticare, ma si dimentica di bere. Vive a Palermo.
È apparso a Carmelo Bene. Ma non benissimo.